AL
COMANDANTE
DELLA COMPAGNIA |
|
Certo se avremo imparato qualcosa, se porteremo ai Reparti
il contributo di una minima esperienza militare, se saremo all'altezza del
compito che ci aspetta, lo dovremo a Lei.
Ci saranno situazioni in cui - lo sento ci chiederemo tutti, sparsi nelle
varie parti d'Italia, che cosa avrebbe fatto, che cosa avrebbe deciso
(«il dio biondo» ), con che tono avrebbe ripreso Lei, certe mancanze.
Giorno per giorno La abbiamo osservata: quando si arrabbiava, rosso di
collera («io me li magno! .... »); quando riusciva ad infondere
sicurezza ai meno sicuri alle, prese come eravamo, tanti, per la prima
volta con le armi da fuoco; quando al Campo di Foce, scherzando, rivelava
di conoscere ognuno di noi nei minimi particolari. Così abbiamo capito
col tempo che la caserma, la compagnia, non era un mondo staccato dalla
parte Sua più segreta, più familiare. Quando un uomo ha la fortuna di
amare il proprio mestiere (non capita a tutti), di fare proprio quello che
gli piace, si vede, si sente da mille sfumature; e Lei Signor Tenente, ce
lo faceva capire dalle piccole meticolosità delle camerate a quel
particolare orgoglio che Le si dipingeva sul viso il giorno del
giuramento, marciando alla te- sta di noi, i Suoi soldati. Per questo non
La dimenticheremo, perché era un uomo chiaro, aperto, di quelli che si
capiscono fino in fondo.. |